Ne è convinta Norman Franklin, l'archeologa a capo di una spedizione nella valle di Jezreel, in Israele. La scoperta di una 'cantina' potrebbe essere una prova che la storia della Bibbia ha un fondo di verità

L’astuzia della donna, la sete di potere di suo marito, i valori della vita contadina e il sopruso per ottenere la materialità. L’avidità, la ricchezza e la povertà che soccombe alle prime due sono le tematiche su cui ruota la storia biblica della vigna di Naboth raccontata nel secondo Libro dei Re potrebbe non essere soltanto una storia, una sorta di parabola che pone l’accento sull’egoismo umano e la sua brama di possesso, ma avere un fondamento storico. Un passo, quello della vigna di Naboth, citato a febbraio 2016 persino da Papa Francesco, che lo ha definito riflesso di una contemporaneità dove i poveri tornano ad essere schiavi per soddisfare i capricci dei potenti.

Questo luogo simbolo dei valori umani al di là della materialità, si troverbbe dunque a Jezreel secondo quanto riportato su The Drink Business.

 

La vigna biblica di Naboth, simbolo di potere ed arroganza

 

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Ph: autore anonimo. L’iconografia rappresenta la lapidazione di Naboth proprio davanti la sua vigna

 

Gli scavi nella valle israeliana sono iniziati nel 2012. Negli anni la certezza che fosse una regione dove si produccesero grandi quantità di vino è arrivata grazie al rinvenimento di antiche cantine spesso a forma di bottiglia dove, sono certi gli archeologi, venivano conservate bottiglie di vino ed olio.

Secondo la storia biblica in un preciso punto della valle sogneva il vigneto di Naboth che fu al centro di una drammatica vicenda a scapito della povertà e in favore dell’astuzia, la ricchezza, l’arroganza e il potere. Quel vigneto, infatti, confinava con il palazzo di Acab, re di Samaria. Voleva averla per farne un orto, ma quando si rivolse al contadino proponendogli di dargliela in cambio di una vigna migliore o cospicuo denaro si sentì rispondere: “mi guardi il Signore dal darti l’eredità dei miei padri!”.

Avvilito Acab tornò a casa con un umore pessimo tanto da non voler neanche mangiare. Sua moglie Gazabele lo rinfrancò: “la vigna di Nabot te la frò avere io”. Scrisse a tutti gli anziani e i noabili che abitavano nella città chiedendo di bandire un digiuno, fare sedere Nabot in prima fila davanti al popol, mettergli davanti due malfattori che lo prendessero e lo portassero lontano dalla città dove sarebbe stato lapidato. Così accadde. La donna tornò quindi da Acab comunicandogli che la vigna, ora, era sua.

Un simbolo forte della capacità dell’uomo di sopraffarne un altro incapace e impossibilitato a difendersi. Un simbolo che ora sarebbe non soltanto l’emblema di un racconto, ma un luogo reale.

 

La vigna biblica di Naboth: questione di ‘giustizia divina’?

 

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Ph: la presunta cantina di Jezreel trovata durante gli scavi in un’immagine scattata dagli uomini della spedizione

 

Utilizzando la tencologia laser Franklin ritiene di aver trovato la prova dell’esistenza di quel vigneto, proprio in quella valle. Dentro ci sarebbero ancora bottiglie di vino e di olio. “I vigneti – ha spiegato l’archeologa – non lasciano resti archeologici, ma indizi circostanti suggeriscono che a Jezreel ce ne fosse uno”. Nella sua relazione racconta inoltre come lo studio dei terrenti aveva già dimostrato che il suolo era adatto all acoltivazione dell’uva. A riprova ci sarebbe il fatto che poco lontano da quel luogo vocato è stata ritrovata una cantina di circa 12 metri quadrati.

Dalle prime analisi il sito risalirebbe al 300 a.C., periodo in cui l’episodio biblico si collocherebbe perfettamente e che potrebbe dar credito alla vicenda che ha visto il re Acab e il povero Naboth protagonisti.

“Non possiamo sapere se una parte del racconto della vigna biblica di Naboth è storica – ha però voluto precisare Franklin –, ma chi ne ha scritto sapeva che qui, a Jezreel c’erano una vigna e una cantina e che queste sorgevano accanto ad un’ampia area dove poteva sorgere la casa del re”. La posizione geografica confermerebbe l’attendibilità storica della vicenda. Più di 2mila anni dopo quel che è rimasto a Jezreel non è l’arroganza di Acab, ma il vino di Naboth e dei suoi padri. Giustizia divina?