Il Consorzio punta alla semplificazione e l'equilibrio sul mercato. Una politica che paga: triplicati i consumi in Giappone.

Soave. E’ il primo vino bianco “puro” che troviamo nella classifica Uiv (Unione Vini Italiani) sul valore di Doc e Docg. Con i suoi 43 milioni di euro ha intrapreso negli ultimi anni un percorso di consolidamento e rinnovamento. Parliamo del Soave. Ora, il Consorzio, punta all’equilibrio della produzione e la semplificazione delle denominazioni. 

Se è vero che da una parte il bianco veneto ha saputo affermarsi in termini di valori e volumi è altrettanto vero, come ha sottolineato il presidente del Consorzio di Tutela del Soave Arturo Stocchetti, che “il comprensorio ha una potenzialità produttiva che ha un costante bisogno di monitoraggio e di controllo ad ogni vendemmia. E’ in momento come questi – ha aggiunto – che il sistema deve saper analizzare con tempestiva lucidità la situazione per porre in essere misure adeguate al mercato”.

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Misure che non possono non considerare anche lo snellimento amministrativo. Ecco perché, secondo Stocchetti, tre sono le strade: diminuire le rese, promuovere all’estero e darsi nuove regole di produzione

In linea con  il percorso intrapreso nel 2009 che ha portato ad un equilibrio produttivo e una gestione virtuosa di sfuso e imbottigliato, il Soave Doc vedrà scendere da 150 a 120 i quintali di produzione per ettaro e da 140 a 110 quella del Soave Classico. Una diminuzione che dovrà insomma limitare il reso di una notevole produzione. A guidarla i 22 milioni di bottiglie di Soave Doc. Sege il Classico con 6 milioni. Produzione totale: circa 56 milioni di bottiglie l’anno. Numeri non da poco per un vino che conta 13 Comuni produttori e quasi 7mila ettari avvitati.

“Abbiamo scelto – ha aggiunto Stocchetti – l’unico strumento applicabile. Una cosa che, in realtà, hanno già fatto le principali denominazioni italiane. Solo così possiamo recuperare l’equilibrio tra produzione e mercato a difesa del prodotto”. Non solo. Il Soave si prepara anche alla semplificazione della denominazione. Sarà eliminata la sottozona Colli Scaligeri e riqualificato il Soave Superiore Docg.

E sul fronte mercato internazionale è già tutto in fermento. Proprio in questi giorni sono ospiti 14 buyer americani. Arrivati da Boston, Chicago, San Francisco, Los Angelese, Seattle, New Orleans, Washington, New Yokr, Denver e Houston resteranno sul territorio fino al 23 luglio. Scopo: individuare produttori e selezionare vini da proporre al pubblico statunitense. 

Si tratta in realtà del settimo incontro. Tanti sono infatti gli anni compiuti dal progetto promossi dal Consorzio dal 2009 ad oggi.

Ma funziona? Stando ai numeri sì. Gli Stati Uniti, per il Soave, sono infatti il terzo mercato di riferimento estero con circa il 20% delle esportazioni extra Ue. Meglio solo Gran Bretagna e Germania. Sedici le aziende che i buyers incontreranno. Saranno poi loro a volare, in autunno, a Boston e Chicago negli Usa per portare avanti le attività di promozione.

Attività che hanno già portato i primi risultati negli Usa così come in Giappone. Qui è attualmente in corso la campagna Soave by the Glass che oltre agli operatori del settore coinvolge direttamente i ristoratori. Trecento quelli tra Tokyo, Fukuokaed e Osaka che fanno parte del progetto. Risultato? I consumi di Soave in tre mesi (da inizio 2016) si sono triplicati. Lo dice l’Istat. 

Molto bene anche negli States dove rispetto al primo semestre del 2015 si registra già un +7%

Insomma. Un momento positivo per il Consorzio che ha i numeri a la qualità per esportare il brand rigorosamente Made in Italy.