L'ok del Ministero è arrivato. Dalla prossima vendemmia i due vitigni autoctoni cambiano denominazione. Tutti soddisfatti: "così migliorerà la qualità, crescerà l'export e si potranno combattere le frodi"

Repressione delle frodi, tutela del consumatore e valorizzazione dei vitigni autoctoni. I circa 3mila produttori delle cantine siciliane che chiedevano di togliere il marchio Igt “Terre Siciliane” dalle bottiglie di Nero d’Avala e Grillo hanno ottenuto il sì definitivo del Ministero delle Politiche Agricole. Dalla prossima vendemmia, dunque, le cose cambieranno. La volontà è stata espressa non soltanto per l’export, che è certamente uno dei punti di forza dei vini di questi luoghi, ma anche per garantire l’eccellenza di un prodotto che ora, con le modifiche al disciplinare, dovrà rispettare regole diverse tali da efficientare i controlli e migliorarne la qualità.

 

Sicilia Doc - Vigneti

Ph: Massimo Peruffo – Flickr (uso e modifiche consentite)

 

Sicilia Doc: la volontà di tracciare una strategia unica che faccia bene a tutto il territorio siciliano

 

Il primo ad esprimere soddisfazione per il riconoscimento ottenuto è stato il presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia Antonio Rallo. Non molto tempo fa si era espresso sul valore della biodiversità e la necessità di esaltarne il valore. Ecco perché le due nuove Doc rappresentano, per lui, un passo importante per tutelare l’autoctonicità del Grillo e del Nero d’Avola. “Abbiamo raggiunto un obiettivo importante – ha detto -: intraprendere il percorso per attribuire il giusto valore all’uva coltivata dai nostri viticoltori. Siamo riusciti a tracciare una strategia unica – ha aggiunto – grazie al fatto che le modifiche approvate sono state condivise da tutta la filiera: dal mondo della cooperazione a quello delle piccole grandi aziende”.

E in effetti tutti volevano questa modifica che ora comporterà alcune prescrizioni per i produttori. La produzione dovrà non solo garantire uno standard qualitativo elevato, ma anche rigorosamente condotta sul territorio.

“Le modifiche valorizzano i vitigni siciliani autoctoni più rappresentativi – ha aggiunto Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia . Con le Doc si garantirsce una migliore qualità del vino e un maggior controllo dell’intera filiera di produzione”.

Chi produrrà Doc Sicilia sarà dunque obbligato a una rsa massima di 140 quintali per ettaro e non 180 com’era per l’IGT. Idem per il Nero D’Avola che con l’Igt aveva un paramero pari a 160 quintali. “Il Consorzio – ha aggiunto Lunetta – garantirà di più i consumatori grazie alla sua attivià di vigilanza. Attività svolta con gli uffici Repressioni frodi in Italia sia all’estero”.

 

Sicilia Doc: il bisogno di fare squadra in un momento d’oro per l’export e le possibilità

 

La decisione, e la voglia di cambiare, arriva proprio quando l’Istat, per la prima volta, fornisce i dati dell’export dei vini siciliani. Per la prima volta, infatti, la Ue ha classificato in modo netto le bottiglie relative ai prodotti della Doc Sicilia, distinguendole dal resto d’Italia e gestendole quindi con un codice doganale ad hoc che permette da adesso di avere numeri certi.

Nel primo trimestre del 2017 la Doc Sicilia ha cumulato un export di 21mila ettolitri per 2 milioni 800 mila bottiglie. Secondo Lunetta, rispetto all’anno precedente, il dato dovrebbe essere cresciuto del 10%. Germania, Usa e Uk i Paesi dove la Doc ha fatto meglio imbottigliando, nel 2016, 26,8 milioni di bottiglie solo per il marchio Doc Sicilia.

Con l’ingresso in questo scenario dei due vitigni più conosciuti e più identificativi del territorio le cose dovrebbero non solo andare ancora meglio, ma far registrare un vero e proprio exploit. Un cambiamento che per il vicepresidente del Consorzio Filippo Paladino si tradurrà anche nel rafforzamento del brand. Una credibilità maggiore dunque, un’affermazione di autenticità e qualità.