Prendendo spunto da un post apparso su Wine Spectator in cui Matt Kramer rispolvera alcune parole sottostimate per la descrizione dei vini, ne abbiamo scelte alcune che, a nostro parere, andrebbero recuperate

Quante “parole di vino” conoscete? Prendiamo spunto da un post firmato Matt Kramer apparso su Wine Spectator. Il critico del vino, tra i più noti e certamente tra i più schietti in circolazione con un curriculum decennale che lo vede dal 1985 tra le firme del prestigioso magazine americano, ha sviluppato una riflessione davvero interessante riguardo l’uso dei termini con cui si descrivono i vini in degustazione. O meglio di quelli che, in realtà, sono sottoutilizzati se non quasi del tutto obsoleti e che invece, per il loro significato, sarebbe bello sentire di nuovo pronunciare.

D’altra parte, scrive, di un vino non conosciamo davvero il sapore finché non riusciamo a tradurlo in parole. Trasformarsi in monaci trappisti, afferma, e affrontare una degustazione in silenzio è forse una delle cose meno invitanti che potremmo trovarci (mai!) a vivere. Le parole utilizzate sono sempre “sproporzionatamente potenti”. E’ il modo in cui riusciamo a vivere a pieno l’esperienza di una degustazione. La conformazione all’utilizzo sempre delle stesse parole, ci viene dunque da pensare, può paradossalmente svilire il valore di un determinato calice.

Eppure i dizionari, anche quelli enologici, sono ricchissimi di terminologia e ogni termine ha un significato ben preciso che può descrivere perfettamente un vino evitando di cadere, per l’uso inappropriato di termini ormai quasi “standard”, in trappole linguistiche che forse i meno esperti non noteranno, ma che agli occhi e alle orecchie di chi ne sa e si trova a leggere o ascoltare, possono suonare stonate. Recuperare l’armonia (termine perfettamente adattabile al vino e tra quelli che Kramer vorrebbe tornare a sentire più spesso) delle parole per descrivere un’esperienza di degustazione, sarebbe, insomma, un bene.

Il giornalista invitava nel suo post a proporre quelle che piacerebbe tornassero in uso o che, magari, non si vorrebbero più sentire. Attingendo all’ampia terminologia italiana noi abbiamo scelto le nostre. 

 

Parole di Vino: le proposto di Kramer e le ragioni delle sue scelte

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“sottile” vs. “potente”

Prima di arrivare alle parole che abbiamo scelto è interessante ripercorrere il percorso fatto da Kramer che tra le prime parole “sottostimate” del linguaggio enologico cita la parola “subtle“, cioè sottile. Il giornalista ha chiesto ad un suo amico a cosa lo facesse pensare. La risposta è stata “debole, leggero”. Riferito ad un vino, insomma, un vino di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno.

Come ben sottolinea Kramer però, è un vero peccato. Sì perché è una parola che, in realtà, denota grande eleganza. Lo si afferma anche nel glossario della Fisar. “è spesso usato per indicare un vino elegante che non ha intenzione di stordirci con il suo aroma ed il suo sapore. Piuttosto esso solletica le vostre papille gustative con le sue caratteristiche di sottofondo, ma già complesse”. Parola che oggi, ammonisce Kramer, viene interpretata invece come esclusiva di quella che opposta in realtà non è: potente. Un Barolo, insomma, può essere sottile e potente allo stesso tempo. 

 

“sorprendente” vs. “orignale”

Il secondo termine è più vicino ad un concetto: quello di “sorpresa” (“surprise“). Termine che Kramer vorrebbe tornasse a sostituire, almeno lì dove necessario, l’abusatissimo “originale“. E lo spiega semanticamente. Affermare che un vino è una “sorpresa” non vuol dire che ci piacerà per forza, ma che che certamente metterà un limite alle nostre aspettative esaltandole o deludendole. D’altra parte, aggiunge, non è la parola “originale” a rendere un vino necessariamente buono.

 

“armonioso” vs “equilibrato”

Il secondo termine per Kramer è abusato, il primo (harmonious) decisamente sottoutilizzato e le due parole, nonostante possano sembrarlo, non sono affatto sinonimi. L’affermazione si ispira all’affermazione del filosofo inglese Francis Bacon: “Non vi è bellezza eccellente che non abbia qualche stranezza nelle proporzioni”. Il senso è semplice da cogliere. L’equilibrio(balance), in realtà, non esiste. Non esiste una perfezione delle singole parti verrebbe da dire tornando ancor più indietro e arrivando al pensiero pitagorico: è l’insieme delle parti che ci regala il bello. Il che non vuol dire che ogni singola parte non sia bella (in questo caso buona) di per sé stessa, ma per essere il tutto perfettamente funzionante non è l’equilibrio la chiave, ma, appunto, l’armonia! 

 

Parole di Vino: quelle che ci piacerebbe sentire durante una degustazione

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La cosa più difficile quando si usano le parole è conoscerne il significato. Rimarreste stupiti nel sapere quanti termini cui attribuite per uso un significato negativo ne nascondono uno positivo e viceversa. Un po’ come il “sottile” di Kramer. Abbiamo cercato tra i lessici delle Associazioni nazionali dei nostri Sommelier e su altri siti autorevoli di settore dei glossari e siamo rimasti decisamente affascinanti.

Alcuni termini più di altri hanno però catturato la nostra attenzione. In alcuni casi perché quasi mai sentiti, in altri proprio perché mai ascoltati nel corso di una degustazione. Che sia stata sfortuna o meno di certo non sono tra i più diffusi eppure sono perfetti per delineare alla perfezione la descrizione di un vino.

 

Brusco e nerbo

Cosa vi fanno venire in mente le parole “brusco” e “nerbo“? Tendenzialmente la prima, almeno noi italiani, la associamo ad una persona sgradevole nei modi. Una persona aspra. Beh, ma il termine, in realtà, ha tutt’altro che un’accezione negativa sebbene il significato sia proprio questo. Quando si parla di vino “brusco” si parla di un vino aspro, ma non sgradevole. E un ottimo vino può essere proprio così.

La parola “nerbo” è in disuso persino nel linguaggio comune. L’associazione può sembrare anche più complessa. Due le associazioni più immediate: forza fisica e forza di carattere. E infatti la parola nerbo nel vino indica proprio il carattere del vino legato all’acidità, rivela corpo e carattere per l’appunto. Vino di carattere! Quante volte lo abbiamo sentito? Infinite volte. Ma la parola nerbo non ci è mai capitato di ascoltarla. Eppure sarebbe perfetta anche per sostituire quell’energetic che Kramer sottolinea oggi essere di gran moda. In inglese? Letteralmente crediamo si possa tradurre con “whip“, frusta, che guarda caso in senso figurato sta proprio per “energico“.

 

Etereo e generoso

Non lo sentiamo spesso, ma che un vino è generoso ci è capitato di sentirlo dire. Quando pensiamo a questa parola pensiamo alla nobiltà d’animo. Se lo associamo a una persona immaginiamo qualcuno che ama dare. Che elargisce beni e benessere che sia emotivamente o materialmente. Quando usiamo la parola generoso per un vino intendiamo definirne uno in cui la parte alcolica ricopre un ruolo determinate. Un passito magari, o un Amarone. Un vino, insomma, che si fa bere con gran piacere. Così gran piacere da rischiare di…perdere la testa!

Se vi chiedessimo di definirci un vino “etereo” cosa vi verreste in mente? Probabilmente qualcosa di così leggero da essere intangibile. Se ora avessimo un pulsantone rosso da quiz lo schiacceremmo con il suono stridulo che indica palesemente l’errore. Etereo a quanto pare nel vino ha un significato ben preciso. E’ un vino dal profumo un po’ pungente, determinato da un lungo periodo di invecchiamento. Pungente ed alcolico per la presenza, appunto, degli eteri. Se avessimo detto “etere etilico” forse l’associazione sarebbe stata più immediata.

 

Femminile e mascolino

Non accusateci di sessismo. Non c’entra nulla anche se il tema è uno di quelli su cui si ha molto da dire. Se siete abituati allo stereotipo possiamo supporre che sentir dire che un vino è femminile vi faccia pensare ad un vino da proporre per far contento il gentil sesso. Uno mascolino, magari, lo si può bere tra amici. Ora, in un certo senso, è esattamente così, ma se vi dicessimo come ben spiega il glossario della Fisar che il “Dom Perignon” ha un carattere femminile non sentireste il bisogno di ricredervi? Femminile è infatti “un vino di qualità. Fmminile indica un grado di finezza. Stile e un carattere più leggero, con una precisa mancanza di pesantezza e di severità”. Mascolino è invece il termine “descrittore per un vino grande, muscolare con stile sicuro ed aggressivo”. Anch’esso usato spesso per lo Champagne. Uno mascolino? Il Bollinger R.D..

Ecco. Ridare il senso alle parole. Ricercarle, scoprirle, esaminarle, trovare le connessioni che hanno con la storia, il pensiero e l’esperienza è un buon modo per non disperderle, ma anzi esaltarle. Proprio come si fa come un buon vino.

 

In conclusione…

“All I know is what I have words for”. Conclude con questa frase del filosofo Ludwig Wittgenstein il suo post Matt Krmer. Come a dire: ciò di cui sappiamo è ciò per cui abbiamo le parole per descriverlo.

A proposito, quando volete indicare un vino privo di corpo dimenticate la parola “sottile” che come ha ben spiegato Kramer ha un significato positivo. Utilizzate “esile“. Ve la immaginavate come una dote…eterea eh? 

E voi, quali parole vorreste non sparissero dal linguaggio del vino?

 

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