Su La Stampa la storia del Monastero del moscato della Langa che torna a produrre il bianco delle suore enologhe

Marketing. Quando la sfida del marketing è nella storia. Le chiamavano le “suore del vino bianco”…inizia così l’interessante articolo uscito su La Stampa sul Monastero del moscato, nella Langa, dove enologhe erano proprio le suore e che presto, tornerà a produrre vino: quello stesso vino che per 106 anni aveva fatto innamorare le parrocchie di tutta Italia e il Vaticano. A raccogliere la sfida la famiglia santostefanese dei Marino che riaprirà le porte in occasione di Cantine Aperte, il 28 e il 29 maggio. Una vera e propria operazione di marketing L’intenzione: riportare in auge le due etichette del monastero “Clemen’s” e “Rosaly’s”. Il rischio: giocarsela su un brand decisamente “consacrato”. Il vantaggio: aver ritrovato la vocazione. Una strategia di marketing quanto pensata non lo sappiamo, ma di certo capace di trovare tutta la visibilità di cui ha bisogno nella sua storia. 

 

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In Langa, le chiamavano le «suore del vino bianco». Il loro vino per la messa era conosciuto in tutta la zona. Ora questo vino tornerà nel Monastero del moscato. Si riapre l’antica cantina. Per 106 anni, nel loro monastero-cantina di Santo Stefano Belbo, tra le colline che hanno dato i natali a Cesare Pavese, hanno prodotto un moscato speciale, richiesto dalle parrocchie di tutta Italia, Vaticano compreso, per officiare il servizio liturgico.  Avevano due etichette, «Clemen’s» e «Rosaly’s», che prendevano il nome dai due fondatori della loro congregazione, le Figlie di San Giuseppe. 

(…)  La regola era una sola: «Vinum debet esse naturale de gemine vite et non corruptum». Così recita il canone 924 del codice di Diritto Canonico che fissa le regole per la produzione del vino da messa, uno dei simboli più affascinanti e complessi di tutta la celebrazione eucaristica. A guidare il processo era la Madre Superiora…

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