Wine Monitor prospetta una forte flessione in vista della fine dell'anno. Le cause? Difficile definirle. E' il timore dell'attesa a frenare i mercati tra Brexit, Trump e TTIP

Se parliamo di “import vino” il 2015 lo abbiamo incorniciato. Ma per il 2016 meglio lasciare uno spazio vuoto e attendere altre belle novità. Quanto i mercati sono influenzati dalla politica? Moltissimo. Più che dalla politica in sé, dai cambiamenti che questa si porta dietro. Dai dubbi che lascia e dagli assetti che, modificandosi, hanno bisogno di un periodo di adattamento prima di iniziare a raccontare la loro storia.

Wine Monitor traccia il bilancio dell’import mondiale. Il 10% di crescita registrato nel 2015 si riduce al 2% nel 2016. Questa, almeno, la previsione a poco più di un mese dalla fine dell’anno

 

Import vino 2016: la Gran Bretagna in caduta libera. La Cina vola, gli Usa crescono poco.

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Niente tappi da far saltare per festeggiare il 2016 delle importazioni. Se si considerano i primi 8 mercato del mondo, quelli che, da soli, rappresentano i 2/3 di tutto il settore, si capisce come dopo il boom la frenata sia stata più decisa di quanto forse ci si aspettasse. Basta guardare a quei mercati che, da sempre e nel 2015 in particolare, sono stati il nostro paradiso. 

Gli Stati Uniti secondo Wine Monitor dovrebbero chiudere l’anno con un incremento inferiore al 2% rispetto al 2015. Il Regno Unito scende di ben il 9% così come la Germania che segnerà un -4%. Per il Giappone la crescita sarà del 3%, mentre a fare i numeri sarà solo la Cina con il +20%. Mercato che, per noi, è ancora tutto da scoprire e che farà gioire un po’ di più Spagna e Francia.

 

Import vino 2016: le ragioni della brusca frenata secondo Wine Monitor.

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“In uno scenario di mercato contraddistinto da più ombre che luci – spiega Denis Pantini responsabile dell’agenzia – anche i vini italiani risentono di queste incertezze e battute d’arresto dove i cali sono in larga parte generalizzati e risparmiano pochi grandi esportatori”. D’altra parte lo dicono i mercati internazionali. Gli ultimi dati indicano chiaramente il “responsabile”. O meglio i “responsabili“. Sono i vini fermi imbottigliati. Questi rappresentano oltre il 70% degli scambi mondiali della categoria, ma hanno fatto registrare, per tutto l’anno, numeri in discesa.

Ed è sempre la Gran Bretagna a farsi portabandiera di questo dato al negativo. Qui, i vini fermi imbottigliati, hanno visto un crollo dell’import del 10%.

 

Import vino 2016: a salvarci, anche stavolta, sono le bollicine.

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Sebbene il dato sia complessivamente negativo c’è sempre l’elemento di salvezza. E per l’Italia, come già il 2015 aveva lasciato ampiamente capire, sono sempre le bollicine. In gergo tecnico gli sparkling. Con il Prosecco capofila, l’Italia ha messo un bel più davanti al numero 30 facendo aumentare le importazioni de 30% soprattutto in Usa e Uk a fronte di medie di mercato nettamente inferiori. Se è vero che le bollicine francesi continuano a spadroneggiare rappresentano ancora oggi il 53% dell’import di tutta la categoria, è pur vero che nel settore sono andati in perdita facendo registrare un calo dell’11%. 

“Guardando ai singoli competitor – dice ancora Pantinigli spumanti italiani crescono più dei concorrenti in tutti i principali mercato di consumo. Resta fuori solo il Giappone dove Francia e Spagna ci surclassano e la nostra presenza è marginale. Nei vini fermi, però, andiamo peggio di Nuova Zelanda e Spagna negli Stati Uniti e del Cile in Uk”

 

Import vino 2016: le incognite si chiamano Trump, Brexit e TTIP.

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Più che di un crollo si dovrebbe parlare di una sorta di galleggiamento. Una sorta di momento di sospensione che vede molti operatori affacciati alle finestre in attesa di capire cosa succederà.

Brexit

La Brexit è lontana dal concretizzarsi, ma il suo aleggiare lascia ancora molta insicurezza o meglio incertezza. I suoi effetti, laddove ve ne saranno, non sono così decifrabili e con la sterlina che ad oggi ha perso il 13% nei confronti dell’euro e il 19% nei confronti del dollaro australiano e neo zelandese è facile intuire come la sua sia una delle tante incognite che ha messo in stallo il mercato.

Trump

Stesso valga per le nuove elezioni negli Stati Uniti d’America. Donald Trump è anche un produttore, ma lui vino non ne beve. Soprattutto in campagna elettorale ha fatto capire chiaramente quanto il nazionalismo sia al centro del suo programma. Una cosa che investirà anche il settore dell’import? Con l’insediamento non ancora fatto è difficile tirare le somme ecco perché anche questo è uno di quegli elementi dello “staremo a vedere”.

TTIP

Il TTIP, infatti, al momento è congelato, ma anche se dovesse alla fine essere approvato le facce della medaglia sarebbero sempre due: da una parte la rivalutazione del dollaro e la crescita dei tassi di interesse potrebbero favorire le importazioni del nostro vino. Dall’altra finirebbero per reprimere ulteriormente le economie di quei Paesi basate sull’export di commodity come la Russia, da tempo in crisi e con le importazioni di vino in continuo calo.

 

Import vino 2016: l’Europa cerca riparo negli accordi con i Paesi Terzi.

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Alcuni degli accordi con Paesi Terzi potrebbero entrare in vigore già nel 2017 con benefici per l’export dei nostri vini. Tra quelli da ricordare ci sono il Ceta e l’Evfta, rispettivamente gli accordi con Canada e Vietnam. Si tratta di accordi che prevedono l’abolizione dei dazi a carico dei nostri vini, il rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche e la rimozione delle barriere tecniche tra cui si segnala la diversa modalità di calcolo delle imposte ad opera del Liquor Board delle provincie canadesi che dai valori passeri ai volumi di vino importato. Un modo per favorire i prodotti con il prezzo medio più elevato