La lucida analisi dei cambiamenti del mondo del vino italiano del noto produttore sollevano questioni importanti. Dalla burocrazia, alla mancanza di investimenti, passando per i prezzi. Troppo bassi, dice, per sentirsi appagati dall'essere leader nella quantità

Sì, come wine blogger si farà. E sarà uno di quelli che “darà fastidio”. Uno schietto insomma. Angelo Gaja, uno di quei produttori che del vino Made in Italy è ambasciatore nel mondo, ha inaugurato una rubrica su Intravino. E in un solo colpo ha fatto centro. Gli è stato chiesto di spiegare quali sono stati i cambiamenti del settore negli ultimi dieci anni. Ne ha individuati tre, ma nei tre sono state sollevate un gran numero di problematiche e, senza puntare il dito, ma lasciando che la penna si consigliasse con l’eleganza, ha sollevato critiche che a qualcuno piaceranno poco.

In primis alle associazioni di categoria che, afferma, sono responsabili della burocrazia. Sono loro, scrive, che per difendere “accanitamente i propri interessi” finiscono per preferire lo stallo impedendo, ad esempio, di attuare i decreti del Testo Unico. Ma c’è di più. Perché utilizzare mosto concentrato quest’anno, afferma, se in Italia non ce n’è bisogno? E molti lo faranno adducendo come motivazione la sfavorevole annata (quantitativa) dovuta al clima. Ma per Gaja se è vero che i cambamenti climatici ci sono stati è altrettanto vero che l’Italia ne ha risentito molto meno di altri Stati. Perché, come diceva Tachis, scrive, “il vino ama il respiro del mare” e qui può respirare su 8mila km di costa.

La trasparenza manca e questo è il male peggiore. E con questa manca la capacità di fare investimenti orientati all’innovazione in vigna e nel marketing. Smettere di pensare che il vino sia una questione alimentare è un passo che altri hanno già fatto. Noi iniziamo solo ora a comprenderlo, afferma, e questo ci fa restare indietro. Che poi, si chiede ancora, tutta questa gioia per essere ancora leader della produzione è incomprensibile. Sì esportiamo, sì facciamo ottimi vini, ma se poi i prezzi sono così bassi…a cosa ci serve?

Insomma una riflessione ampia e ricca di sfaccettature che difende l’operato delle medie-piccole aziende del vino, vera ossatura di un Paese che la sua biodiversità l’ha saputa raccontare grazie a Ferruccio Biondi Santi, Mario Incisa della Rocchetta ed Edoardo Valentini solo per fare alcuni nomi. Ve ne proponiamo un piccolo estratto…vale la pena rifletterci su!

 

Angelo Gaja intravino

Angelo Gaja: “Almeno tre i cambiamenti significativi nel vino degli ultimi decenni. Ecco quali”

 

(…) Nel mondo del vino negli ultimi decenni sono avvenuti almeno tre cambiamenti significativi, secondo me. Ecco quali.

 

1. Perdita della funzione alimentare

(…) occorre mettere in atto azioni di marketing appropriate, aggressive e continue nel tempo anziché accontentarsi della vecchia strategia rinunciataria e perdente del prezzo basso. A cosa serve il marketing? A fare sì che un bene venga preferito ad un altro non tanto per il rapporto qualità/prezzo, quanto per altri valori apprezzati dal consumatore (…).

 

2. Il cambiamento climatico

 

(…) “L’Italia annovera un ampio numero di varietà di maturazione tardiva, che il cambiamento climatico penalizza meno di quelle precoci delle quali la Francia è ricca. L’annata 2017 insegna, per chi vuole imparare, le misure di contrasto da adottare”.

 

3. I vini varietali

(…) “Questi vini godono sui mercati extra-europei di crescenti vantaggi: portano nomi varietali, pochi e facili da memorizzare (…) sono sostenuti da un marketing aggressivo e differenziato; le cantine che li producono non godono di sostegno pubblico (…).  (…) L’Italia invece si trova nella condizione di essere l’unica nazione a produrre e costruire domanda su vini derivanti da alcune centinaia di varietà storiche (…). (…) Occorrono apertura mentale, capacità di osservazione, disponibilità ad assumere il rischio di impresa, applicazione di nuove strategie, investimenti (…).

 

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