Vino e Dna. Tempo fa vi abbiamo parlato di quanto la tecnologia, mista alla scienza o pseudo tale (almeno in alcuni casi) stia prendendo piede nell’influenzare le nostre scelte in quanto a vino. Se ne sentono dire di tutti i colori. Con la nuova scoperta però è finalmente arrivato l’alibi perfetto per chi, davanti ad una bottiglia di vino, non si sa proprio contenere.

A quanto pare è una questione, neanche a dirlo, genetica! Lo studio però è serio. Diremmo serissimio. Dagli Usa a Londra fino a Trieste e Milano. L’asse universitario ha sdoganato il gene “controllore”.

vino e dna - calici di vino

Vino e Dna: il gene “controllore” che decide quanto ci piace bere.

Non so se ci avevate già pensato ma a quanto pare abbiamo una specie di corsia preferenziale che dal fegato arriva dritta dritta al cervello. Per qualcuno la strada è a lenta lentissima percorrenza per cui un sorso di vino è più che sufficiente. Per qualcun altro è piuttosto una sorta di montagna russa in discesa perenne. O almeno, una discesa che si presenta ogni qualvolta si porta il bicchiere pieno di vino alla bocca.

Questa è la versione immaginifica. Scientificamente parlando stando a quanto pubblicato sulla rivista americana dell’Accademia delle Scienza (Pnas) da un gruppo internazionale di studiosi guidato dal King’s College di Londra cui hanno partecipato anche l’Irccs Burlo Garofalo, l’Università di Trieste e l’Irccs dell’Ospedale San Raffaele di Milano abbiamo tutti un gene “controllore”. Preso un campione di ben 100mila individui si è iniziato a studiare il loro genoma. Lo hanno messo in relazione con l’alcol. 

Questione di genoma

È così emerso (leggiamo sul Corriere della Sera) il legame con una specifica variante di un gene, chiamato Klotho, che serve a produrre un recettore per due ormoni: FGF19, prodotto dall’intestino per azione della bile, e FGF21, messo in circolo dal fegato in condizioni di stress. «Quest’ultimo era già noto perché nell’uomo è associato alla preferenza per particolari macronutrienti, mentre nel topo sopprime la voglia di alcol e dolci», sottolinea Daniela Toniolo, capo unità di Genetica delle malattie comuni del San Raffaele. «Esiste dunque un asse fegato-cervello, che abbiamo dimostrato sui topi: eliminando il gene per il recettore Klotho nel cervello, il consumo di alcol aumenta. Con ciò abbiamo individuato una via metabolica molto precisa su cui potremo agire per ridurre il consumo di alcol», conclude la ricercatrice.

 

Vino e Dna: quanta Italia in questa ricerca.

Non solo dal punto di vista scientifico, ma anche di materiale umano. D’altra parte, non ce ne vogliano inglesi e americani, ma il nostro campanilismo ci spinge ad affermare che in quanto a buoni intenditori di vino siamo certamente tra i primi in classifica. Come detto il gene legato al consumo di alcol è stato identificato grazie ad un ampio studio su oltre 100mila individui di origine europea. Noi ce ne abbiamo messi 2mila. Abitanto dellaVal Borbera, nell’Appennino tra Liguria e Piemonte. Una scelta mirata: «studiare queste popolazioni di montagna – ha affermato Toniolo –  che sono state relativamente isolate fino a tempi recenti, è di grande aiuto per capire il legame tra Dna e alcuni specifici tratti». E in effetti lì dove fa più freddo si beve di più. Al di là, forse, della genetica.

Ci abbiamo scherzato un po’. In realtà questo studio potrebbe aiutare a comprendere il perché dello svilupparsi di gravi patologie, alcolismo in primis, in individui che, certamente, sono influenzati da una forte componente sociale. Ma anche i giovani troppo spesso abusano di alcol. Chissà che non si capisca come controllare il gene controllore. Nel frattempo si potrebbe tentare di farlo con il caro vecchio…buon senso! 

 

Credito fotografico: foto Flickr CC Guglielmo Ferri.