Il vino italiano è volato negli States per volere di altri presidenti Usa. E con loro anche viticoltori e addetti alle vigne

Vino italiano. Lo abbiamo letto sulle prime pagine di tutti i quotidiani. Il presidente americano Barack Obama si sente “italiano”. Ama “cibo, vino e Sophia Loren”. Per la prima volta non abbiamo sentito pronunciare pizza e mandolino sebbene, nonostante il campanilismo della formula, siano altre due grandi eccellenze del Made in Italy. Se avete pensato che Obama abbia con queste parole voluto solo porgere un gesto di cortesia, vi sbagliate! Lui il vino italiano lo ama davvero. L’antecedente c’è, ma soprattutto, ad esserci, sono i precedenti storici.

C’è stato un presidente che non poteva vivere senza Nobile di Montepulciano e un altro che ha importato tutto quanto fosse utile per ottenere un vino di altrettanta qualità. Il progetto non è andato a buon fine, ma dal quel connubio “diVino” è nata la Dichiarazione d’Indipendenza. Insomma, siamo più americani di quanto crediamo. O forse, sono loro ad essere decisamente più italiani di quanto si creda. 

 

Vino italiano: Obama per le grandi occasioni sceglie sempre etichette italiane.

vino italiano - obama e michelle

Sappiamo che così è stato con Matteo Renzi e gli ospiti della Casa Bianca nei giorni scorsi. Ma sappiamo anche che il presidente americano del vino italiano è grande appassionato. Per il compleanno della moglie Michelle, infatti, ha scelto di brindare con il “Costa Giusta” di Michele Satta. Lui stesso, che la sua azienda ce l’ha in Toscana, è volato a New York per presenziare all’avvenimento. Un bianco quello scelto dal presidente e prodotto proprio dalla piccola azienda di Bolgheri. 

E il vino non è stato bevuto a casa, ma in un elegante e decisamente esclusivo party tenutosi al Cafe Milano di New York. Basterebbe l’ultimo presidente Usa per capire quanto il vino italiano sia amato negli States, ma i precedenti sono ancor più lusinghieri.

 

Vino italiano: Thomas Jefferson, il presidente che ordinò 473 bottiglie di Nobile di Montepulciano.

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Non è invenzione. Le prove ci sono e sono nero su bianco. Il terzo presidente degli Stati Uniti d’America, considerato tra i padri fondatori della nazione, tra gli autori della dichiarazione d’indipendenza del 4 luglio 1776 e il cui volto è scolpito sul monte Rushmore con quelli di George Washington, Abraham Lincoln e Teheodore Roosvelt, beveva vino toscano. Non solo quello, ma per questo aveva certamente una predilezione.

Lo testimoniano i conti del presidente digitalizzati dalla New York Public Library. Jefferson amava i vini. Amava collezionarli e scriveva su un registro tutti i nomi dei vini che degustava durante i suoi viaggi. 

In un solo anno, tra il 4 marzo del 1802 e il 4 marzo 1803 ha speso una cifra pari agli attuali 28 mila dollari in vini. Quali? Champagne, Sherry e Madeira, Borgogna e due chicche italianissime: il Tokaji e il Vino Nobile di Montepulicano. E per quest’ultimo le esigenze del presidente non erano poche. Lo comprava vicino Firenze. Doveva essere un uomo molto preciso Jefferson. Nella sua domanda di acquisto, infatti, faceva sempre aggiungere una clausola. Le 123 bottiglie richieste (questo il numero solito) dovevano arrivare da Montepulciano ed essere prodotte con Sangiovese.

Ci fu poi quell’ordine stratosferico del 1806. Di bottiglie ne ordinò 473. Tutte dell’annata precedente. Un’annata d’eccezione viene da pensare. Non c’è che dire se è vero che è il vino libera le idee nel caso di Jefferson ha fatto molto di più: ha liberato gli Stati Uniti e diciamolo….un po’ è anche merito della nostra eccellenza. A proposito, la sua tenuta, esiste ancora e ancora oggi produce vino! 

 

Vino italiano: Benjamin Franklin, il presidente Usa che portò l’Italia nelle sue vigne.

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La storia qui si fa interessante. Innanzitutto perché incrocia la storia di tre dei presidenti americani. In secondo luogo, non per ordine d’importanza, perché l’Italia è protagonista non solo attraverso il trasporto su nave, ma fisicamente in loco. Con un nome che, ai più, suonerà sconosciuto, ma che in realtà è, per gli americani, uno dei nomi che tanto diede alla famosa Dichiarazione d’Indipendenza cui si è già ampiamente accennato. 

Non sappiamo quale fosse il vino preferito di Benjamin Franklin, ma visto che in Virginia ci ha portato la Toscana e considerata l’amicizia con Jefferson (che ci ha messo la tenuta) non è difficile immaginare che anche lui avesse una certa preferenza per i vini di quella che è una delle nostre regioni vitivinicole per eccellenza. L’italiano di cui parliamo è Filippo Mazzei. La decisione di reclutarlo di Franklin stesso. Quella di accettare la proposta avanzatagli frutto anche del patrocinio dato al progetto da altri due presidenti Usa: Thomas Jefferson e John Adams

E’ il 2 settembre 1773. Filippo Mazzei, viticoltore toscano, parte alla volta della Virigina con viti da impiantare, semi, bachi da seta, dieci agricoltori e un sarto piemontese. Sarà un caso che Filippo Mazzei sia discendente di Ser Lapo Mazzei? Questi fu produttore di vino a Carmignano e cancelliere della Repubblica fiorentina.

Non solo. Fu grazie a lui che si ottenne la denominazione “Chianti” e morì proprio nell’anno della scoperta dell’America. La terra che avrebbe conosciuto il suo vino grazie al suo discendente che, tra l’altro, fu proprio tra i fautori della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Numeri da studiare per chi crede nella cabala. Coincidenze che lasciano senza fiato per chi crede piuttosto nel destino. 

 

Vino italiano: dal primo vigneto in Virginia al seme della libertà. La storia americana di Mazzei.

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E’ stato lui a produrre il primo vino della Virginia. Per la precisione a Monticello. E’ stato lui a produrlo con viti trapiantate dalla Toscana agli Stati Uniti. Il progetto, in realtà, non andò benissimo, ma dalla cantina voluta da Benjamin Franklin e nata sui terreni di Thomas Jefferson uscirono due botti di vino di sei varietà di uva selvatica. Nel progetto lui ci credeva davvero. Non solo ha formato la Virginia Wine Company che tra i 38 soci vantava Jefferson e, udite udite, George Washington, ma lo ha dichiarato a Washington stesso in una lettera. “Secondo me – ha scritto – qui sarà fatto il vino migliore al mondo. Non credo che la natura sia così favorevole alla coltivazione della vite come in questo Paese”.

Così non fu a causa delle gelate. Ma se da una parte Franklin continuò nel suo progetto arruolando altri vignaioli italiani, dall’altra il rapporto tra lui e Mazzei prese una piega del tutto diversa.  Sarà stato merito del vino, delle radici di Mazzei (intese in senso vinicolo e politico), ma quel che è certo è che diventò uno dei fautori della Dichiarazione d’Indipendenza. Una chicca? partecipò anche alla progettazione della bandiera americana. Fu lui, insomma, a suggerire le Stelle e le Strisce ispirandosi allo stemma di Ugo di Toscana. Com’era? ovviamente a strisce bianche e rosse. 

La nostalgia di casa lo riportò in Toscana dove riprese la sua attività di vignaiolo. Attività portata avanti dalla famiglia anche oggi in una delle terre più belle del vino. John Fitzgerald Kennedy molti anni dopo lo definì “un patriota”. Gli States lo tributarono con un francobollo. Ma fu proprio Washington a lasciarli una nota che diceva più o meno così: “vi ringrazio per la cortesia con cui ci avete insegnato la cultura del vino”. Quando dietro un bicchiere, c’è molto di più!

 

La sfondo della foto con la citazione di Franklin è stata presa dal sito ufficiale della cantina Jefferson, Virginia.