Storia e cultura del vino italiano approdano tra i banchi. E' solo l'ultima novità del documento. Iniziamo il viaggio alla sua scoperta.

Testo Unico del Vino. Prima della vendemmia arriverà l’approvazione in Senato. Dall’anteprima al Vinitaly del Ministro Martina del Testo Unico del Vino si erano perse le tracce. Eppure, per la sua approvazione definitiva, i tempi comunicati erano stati riferiti in “strettissimi”. Fermo, in realtà, non è rimasto e così, dopo l’approvazione in Commissione Bilancio, il testo che raccoglie le istanze del mondo dell’enologia approda al suo penultimo step. 

Almeno secondo quanto riferito dal presidente della Commissione Agricoltura alla Camera Luca Sani. Ecco perché, con Enolò, abbiamo deciso di raccontarvelo. Un po’ per volta. Cominciamo dal futuro: i giovani. A loro il compito di imparare.

Testo Unico del Vino

Dopo tanto dibattere il Testo Unico del Vino ne farà una realtà: la storia e la cultura dell’enologia del vino italiano saranno materia di studio. Facciamo però chiarezza perché, in contemporanea, di proposte ne arrivarono due. Quella del senatore Dario Stefàno che voleva portare la materia già alle elementari e quella di Sani appunto. Quella che ora è materia di legge.

Secondo quanto previsto dal Testo Unico del Vino a studiare la civiltà enologica italiana saranno dunque gli studenti delle scuole superiori specializzate. Lo aveva detto tempo fa il presidente della Commissione: “il vino va riconosciuto quale elemento del patrimonio nazionale. Disposizioni per la diffusione della sua conoscenza sono necessarie”.

D’altra parte nel resto d’Europa già accade. L’Italia, in questo senso, è rimasta indietro e forse recuperare non sarebbe male. Anche perché, dati alla mano, se non fosse per i numeri che l’export del vino fa registrare la situazione del Made in Italy ne avrebbe più di quanti già non ne abbia. 

L’insegnamento riguarderà dunque i ragazzi degli istituti agrari, agroalimentari, agroindustriali e alberghieri. E’ tempo di Wine Teller. Coloro che, aveva detto ancora Sani “trasmettono e comunicano anni di tradizione enologica e vitivinicola, nonché di arte, storia, antropologia ed estetica dell’Italia tramite e grazie al vino”. Ammettiamolo. Non si può eccepire nulla.

Testo Unico del Vino

I numeri lo dicono chiaro. Tanti sono i ragazzi che frequentano gli istituti agrari (nel 2013 ci fu il bomm con il +29%). E in Piemonte, in vista del nuovo anno scolastico, al nuovo corso per aspiranti vignaioli dell’agrario di Ovada, che di certo una metropoli non c’è, si sono iscritti in 27: sei ragazzi in più dell’istituto meccanico. Se è vero che è dalle piccole cose che si possono comprendere le grandi questo è certamente un segnale.

Non solo. Quello che ancora giace nelle stanze di uffici e Commissioni in Parlamento è realtà già da tempo. Non solo alle superiori, ma anche all’università. Non molto tempo fa, infatti, all’Università San Raffaele al vino e al cibo hanno dedicato un master.

Dall’estero poi, per la precisione da Bordeaux, arriva anche il primo diploma universitario. Quale? Quello di potatura delle viti con metodo rigorosamente italiano.

Potrebbe far sorridere, ma in fondo sono soltanto il segno di una cultura millenaria che cerca di ridar lustro a quelle radici che, nel mondo, ne hanno fatto un brand. E se dici Bordeaux, la prima cosa a cui pensi, è certamente il vino. Un po’ come se dici Chianti in Italia. E c’è dell’altro. Basta mettersi a navigare in internet per scoprire che, decreti, leggi o testi che dir si voglia, qualcuno ad insegnare ai bambini qualcosa sul vino ci ha già pensato

Guardate che carino questo lavoro finito on line dei bambini della scuola elementare di Ponte Barizzo! Siamo nel salernitano e questi piccoli hanno trasformato, con tanta fantasia, ma una metodica ricerca, la classe in una vera e propria cantina per la produzione del vino. 

Per non parlare poi dell‘Istituto Agrario di San Michele all’Adige, cioè la Fondazione Edward Munch che, alla della viticoltura in senso ampio e lato, ha fatto un vero e proprio baluardo. Una “città dell’agricoltura” che ha in comodato d’uso 60 ettari di vigneto

Ecco perché in fondo che la storia della civiltà del vino in Italia finisca nel Testo Unico non rappresenta nessuna avanguardia. Semplicemente la constatazione di un qualcosa che già c’è. Qualcosa che merita di avere anche una sua istituzionalità.

Certo, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare. Ecco perché, considerando che alla scuola italiana ogni ora in più costa 200 milioni di euro, bisognerà vedere se poi l’intenzione messa nero su bianco sul Testo Unico diventerà o meno realtà. Le buone intenzioni ci sono. Purché oltre che di quella delle vigne, si continui a studiare la storia dei popoli. Quella senza la quale, forse, il vino non sarebbe mai neanche nato.

 

Crediti fotografici: seconda foto interna Craig Drollett – Flickr CC