Enoturismo e disabilità: un mercato ancora tutto da esplorare

Vino e accessibilità. Quante declinazioni può avere questa parola? Infinite. Accessibilità è una parola chiave anche nel mondo del vino ormai. Perché un vino sia accessibile, al di là delle sue caratteristiche organolettiche, deve essere conoscibile. Concetti ovvi si dirà. Certamente, ma il cui potenziale è ancora ben al di là dell’aver espresso tutte le sue possibilità.

Barriera


Se è vero che la cantina ha sdoganato ormai da anni l’idea di luogo in cui conservare le bottiglie chiudendo bene a chiave la porta, è altrettanto vero che la sua accessibilità, in termini fisici, riguarda quasi esclusivamente i normodotati. Sembra una banalità. Invece qualcuno, partendo dall’aspetto puramente sociale e comprendendo poi il suo potenziale in termini di guadagno per chi ha l’acutezza di rendere accessibile la sua cantina giocando d’anticipo anche sulle future normative europee, si è accorto di come quello dei disabili (siano essi fisici, sensoriali o cognitivi) fosse un mondo tagliato fuori da un universo così ricco di sfaccettature. Ci ha scommesso e, con perseveranza e competenza, la sua scommessa la sta anche vincendo.


E’ nato così, poco meno di un anno fa, il progetto Cantine senza barriere. Partito dal Veneto a maggio 2015 e a gennaio 2016 registrato l’adesione di 80 cantine. Un piccolo passo verso la conquista e l’abbattimento delle barriere mentali ancor prima che fisiche, del nostro Paese. Una conquista che passa attraverso un progetto concreto, definito e soprattutto accessibile a produttori e ristoratori. Quelli che della cantina hanno fatto il luogo della comunicazione per eccellenza.


Basta fermarsi a ragionare sui numeri dell’enoturismo. Le cantine italiane, da sole, fatturano circa 2,5 miliardi l’anno di introiti grazie a questa formula fatta di incontri, degustazioni, corsi e tutto quanto la fantasia di ognuno (e nei casi migliori di chi per comunicare si affida a dei professionisti) è in grado di proporre. Non solo. Nel 2016 si stima che l’enoturismo porterà nel Bel Paese oltre 13 milioni e 700 mila persone. Una previsione parli al  31,7% in più di presenze.


Numeri già importanti. Ma se si considerasse che potenzialmente sono 127 milioni gli enoturisti (90 milioni solo in Europa) disabili che potrebbero e vorrebbero vivere l’esperienza sensoriale di una cantina, quanto potrebbe aumentare il margine di guadagno in termini d’immagine e, ovviamente, di introiti? Moltissimo. Rendersi accessibili potrebbe dunque rappresentare sì l’abbattimento di una barriera non solo fisica, ma anche mentale. Ma soprattutto  un allargamento di orizzonti con un potenziale, tanto per ribadirlo, tendente all’infinito.


Sono gli esperti di Cantine senza barriere a fare tutto il lavoro: sopralluoghi, studi architettonici e progettazione. A produttori e ristoratori si chiede di osare o meglio di puntare all’inclusione di un target che non merita di essere tagliato fuori da un mondo così pieno di emozioni qual è quello del vino e che, tra l’altro, rappresenta una fetta di mercato ad oggi semi-sconosciuta.