Il 95% è online, il 78% è su Facebook, ma pochi si affidano ai professionisti

Meglio tardi che mai e vista la velocità del web la rincorsa potrebbe non essere così difficile e, magari, neanche il sorpasso di chi il potenziale di internet e ancor più dei Social Network, lo ha compreso ben prima di noi. 

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I numeri lo dimostrano, le case history lo confermano: l’Italia è indietro, ma piccole e grandi aziende iniziano a comprendere quanto il buon uso del web marketing e dei canali privilegiati dai cosiddetti Millennials (i giovani compresi tra i 19 e i 35 anni), siano necessari. E’ sull’efficacia che c’è ancora tanto da fare perché in pochi hanno capito l’importanza di affidare la comunicazione a dei professionisti. Like, follower, hasthag e insight devono diventare parole d’uso comune tra gli operatori professionali del settore enoico. Farlo, infatti, non vuol dire perdere la poesia che c’è dietro, o meglio dentro, ogni singolo bicchiere, ma al contrario trasformarla in un linguaggio capace di colmare quel gap comunicativo che si è trasformato in un face-to-face online ancor prima che reale.


Andiamo con ordine. Che le cose in Italia vadano meglio lo dimostrano aziende grandi e piccole, soprattutto del Nord che secondo una recente analisi fatta dall’Osservatorio Vino Digitale compiuta su 3.400 aziende del Bel Paese, registra come il 42% del totale si affidi ormai al web marketing e alla comunicazione sia per spingere l’e-commerce che per rafforzare l’immagine del brand così da incrementare, su più canali, la vendita dei propri prodotti. Se è però vero che il 95% di tutte le aziende su cui è stata compiuta l’indagine ha un proprio sito internet con 8 cantine su 10 iscritte a Facebook (il 78%, con un più scarso uso di Twitter che registra un 34% e Instagram fermo al 22%), è altrettanto vero che la gran parte di loro si affida a personale interno non specializzato nella comunicazione, limitando non di poco le possibilità di successo. Come se non bastasse il 50% delle aziende non ha intenzione di investire su nuovi canali o investire di più su quelli attivi, mentre l’altro 50% sembra aver ben compreso il potenziale della rete.


Cosa permette di affermare che il web funzioni? I numeri delle case history che, paradossalmente, hanno spesso “quel non so che” di poetico che erroneamente credevamo di poter perdere affidandosi ad un sistema informatizzato e innovativo. Al contrario, accade che è l’empatia permessa dalla condivisione dei contenuti che spinge sull’acceleratore.
Quando diciamo che siamo “indietro” in questa corsa virtuale, lo dimostra ad esempio il caso della cantina Sudafricana di Stormohek. Era il 2008 (quasi un’era glaciale per la velocità con cui si evolve il web) quando ad un pugno di giovanissimi blogger propose la degustazione di una delle sue bottiglie senza l’obbligo di recensirla. In sei mesi erano 100 i blogger che pubblicavano foto e recensioni con quello specifico vino. Da lì il vero face-to-face con degustazioni nel Regno Unito, in Spagna e Stati Uniti. L’esito? In un anno le vendite di vino sono passate da 50mila a 300mila pezzi fino ad un contratto con la Microsoft perché Stormohek creasse un vino speciale per i suoi 79mila dipendenti sparsi in 102 Paesi.


Cosa c’è di più poetico della storia del piccolo che, munito solo di intuito, volontà e capacità, diventa grande? Ben poco e questo ce lo insegna la storia dell’umanità.
Scomodiamolo allora il pensiero umano perché bisogna tornare fino a Pitagora per trovare l’attualissimo concetto del bello (e buono) che è frutto di armonia delle parti. Un vino eccelle per lo stesso motivo. Perché allora la sua veicolazione non dovrebbe farlo armonizzandosi con tutti gli strumenti a disposizione?
Qualcuno inizia a capirlo, come ha riscontrato il Gambero Rosso in una serie di case history di piccole e grandi aziende italiane che, affidandosi ad una comunicazione professionale sono riuscite ad incrementare non di poco le vendite.
La strada da percorrere è ancora lunga. Fortunatamente corre sul filo della rete e quella si sa, se ben sfruttata, può viaggiare a grandi velocità.