Satragno: "nel 2016 perderemo 40 milioni di euro. Si rischia la scomparsa di produttori e territorio"

Moscato d’Asti. Un crollo totale. Negli ultimi 4 anni sono state circa 25mila le bottiglie in meno di Asti Docg e per il 2016 le prospettive sono nefaste. Al calo del 30% del comparto agricolo si aggiungerà una perdita di 40 milioni di euro. E’ questa la previsione fatta dall’Associazione produttori Moscato. A scriverla nella sua relazione è stato il presidente Giovanni Satragno che la comunicazione l’ha data ai 300 produttori presenti all’assemblea annuale. Una piccola parte dei 2mila che questa rappresenta e tra questi molti di coloro che, nell’anno in corso “potrebbero non solo dover chiudere le loro cantine – ha aggiunto Satragno – ma quelle stesse colline patrimonio Unesco che rischiano abbandono e dissesto”.

D’altra parte la previsione conferma solo quanto già noto. Il crollo del 33% dell’export in cinque anni e le giacenze arrivate a 500mila ettolitri.

moscato d'asti

Per Satragno una la colpa principale: si è voluto produrre troppo senza fare investimenti per promuovere le vendite. Che la produzione del Moscato d’Asti Dogc fosse in grave crisi lo si sapeva da tempo. Ma ora è il territorio che rischia, in un certo senso, di scomparire. E le cose, nei rapporti con l’industria, non vanno affatto bene. L’annuncio arriva infatti a poche settimane dal “caldo” tavolo tenutosi in Regione Piemonte con l’assessore Ferrero. Occasione in cui, per la prima volta, l’Associazione si è mossa di comune accordo con il Consorzio di tutela Vini d’Acqui presieduto da Paolo Ricagno.

Più che un incontro uno scontro. Almeno in termini di proposte e controproposte. Un tavolo tecnico che non ha portato a nulla tanto che, a giorni, l’incontro si dovrebbe ripetere. I produttori tramite i loro portavoce avevano proposto infatti a Campari una resa di 809 quintali per ettaro. Ciò avrebbe significato una produzione di 77 milioni di bottiglie. Altri 10 quintali sarebbero stati ceduti al prezzo dell’aromatico. Una soluzione, avevano sostenuto Satragno e Ricagno, che avrebbe permesso di mettere da parte un fondo di circa 8 milioni per gestire la pubblicità in Italia e Germania con la speranza di recuperare i mercati.

Proposta rispedita al mittente. Settanta i quintali per ettaro richiesti da Enzo Barbero di Campari. “La fame” aveva replicato Satragno rilanciando con una provocazione: niente vendemmia. Una forte sensazione di abbandono quella che i produttori dicono di provare. Così profonda da credere che di quel vitigno che del Piemonte ha fatto la storia, portandolo a diventare patrimonio Unesco, non rimarrà nulla. 

Una storia, quella del Moscato piemontese che si fa risalire al 1.300 quando con questo appellativo si indicò quel vitigno “profumato”. Di quel profumo sembra però essersi persa ogni essenza. E più passano gli anni più sembra che si trasformi in un olezzo. Almeno sul mercato. Cosa succederà ad uno degli autoctoni più pregiati d’Italia? Soprattutto, cosa succederà ai tanti produttori? E ancora, cosa ne sarà di quelle terre così belle che dell’Italia sono un vanto?

Difficile a dirsi con un mercato così complesso e gli interessi industriali così difficili da soddisfare. Quel che è certo è che la perdita dell’Asti Dogc sarebbe un duro colpo. E ad assestarlo ha certamente contribuito il crollo del mercato russo. Il primo passo per tentare un inversione di rotta per il Moscato d’Asti, secondo Satragno, sarebbe però solo uno: “il cambio ai vertici del Consorzio”. “Questa – ha concluso – è una crisi fallimentare”. 

 

Crediti fotografici: foto in home page Erick Solheim – Flickr CC; Foto interna Megan Cole – Flickr CC.