Brusco calo nei mercati principali. In Gran Bretagna persi 104 milioni di euro, ma non è colpa della Brexit

Export vino. “Colpa della Brexit“. Ammettilo, è probabilmente la prima cosa che hai pensato, ma così non è. A vederla positivamente potremmo dire merito del prosecco. Ma la realtà è un’altra. L’export italiano, sui quattro mercati principali, ha subito uno stop. Niente di così grave da non essere recuperabile soprattutto dopo grazie al buon andamento dei mesi precedenti. Ma certo è che qualcosa, nell’imbottigliato non va.

Export vino aprile

I dati sono Istat. Eravamo saliti del 3.4% tra gennaio e marzo, siamo scesi dell’1.6% nel mese di aprile. A pesare sono stati i volumi scese del 2.2% a 1.66 milioni di ettolitri. La perdita maggiore è venuta proprio dal vino in bottiglia che, in un solo mese, ha perso il doppio di quanto aveva già perso nei primi tre mesi del 2016. Il calo è stato infatti del 6%, a fronte del 2% in discesa accumulato nel primo trimestre. 

A decretare la discesa la perdita di terreno sui principali mercati dell’export del vino italiano. Nel complesso, negli Usa, abbiamo perso l’1% pari a 351 milioni di euro. Segue la Germania con i suoi 230 milioni in meno (pari ad un calo del 5%). Terzo posto per il Regno Unito (-17% pari a 1014 milioni). Calo del 2% anche in Canada dove l’imbottigliato italiano ha venduto per 79 milioni di euro in meno rispetto allo stesso periodo del 2015.

Quel terzo posto della Gran Bretagna porterebbe ad un ragionamento logico: l’export vino cala per colpa della Brexit. Impossibile! I suoi effetti, ce lo hanno detto esperti di tutto il mondo, non li capiremo prima di due anni. Questo vuol dire che, con la svalutazione della sterlina, le così lì andranno anche peggio.

Se guardarla come una cosa positiva o meno è sempre un punto di vista. Perché se è vero che nei mercati a noi più conosciuti stiamo vivendo un momento di flessione, è altrettanto vero che in tutti gli altri cresciamo. Complessivamente del 2,5%: 466 milioni di euro in più.

Dati volatili insomma. Su questo non ci sono dubbi. Però la riflessione è d’obbligo. Se non fosse per il prosecco avremmo qualcosa di cui preoccuparci. Ma forse, messa da parte la questione bollicine, la preoccupazione sarebbe comunque d’obbligo. Soprattutto se si considera che se è vero che lo sfuso, soprattutto in Svezia e Svizzera, continua a crescere portando l’indice di mercato al +2%, è altrettanto vero che sempre in Germania e in Gran Bretagna ha registrato il calo.

Ecco che allora, come bolle d’aria capaci di tenere a galla l’export nei mercati tradizionali, sono proprio i vini spumanti a tenere in equilibrio la nostra barca. Questi, dice l’Istat, continuano a crescere con un ritmo superiore al 15.17%. Nei primi quattro mesi dell’anno ha addirittura fatto registrare un +20%. Da soli, ormai, rappresentano oltre i tre quarti delle nostre esportazioni. 

E il mancato ma sfiorato tracollo dell’export vino in Gran Bretagna lo dobbiamo proprio a loro. Saranno stanchi di bianchi, rossi e vini fermi. Ma quale che sia la ragione agli ormai ex europei le nostre bollicine piacciono da morire. La crescita è stata del 33% solo ad aprile. Del 49% da inizio anno. 

Cosa succederà? Difficile a dirsi. Almeno per quanto riguarda i mercati che pensavamo ormai di aver fatto nostri. Ancor più quello che sul collo ci ha messo il fiato della Brexit. Per gli esperti saranno aggregazione e qualità a salvarci. Nel frattempo raccogliamo quanto c’è di positivo, prosecco a parte. Nel resto d’Europa l’imbottigliato italiano sembra fare sempre più proseliti.

 

Crediti fotografici: grafico de I Numeri del Vino. Il portale su cui sono stati riportati i dati Istat.