Il Merano Wine Festival apre con Naturae ET Pure: il convegno su resistenza delle viti, viticoltura bio e cisgenetica. Obiettivi comuni, ma posizioni lontanissime. Esiste una possibilità d'incontro? Ad oggi parrebbe di no, ma il "dubbio" apre alla conoscenza

WineNews c’era e ha raccontato del convegno d’apertura del Merano Wine Festival. Si è parlato di sostenibilità, di agricoltura biologica e biodinamica e del suo rapporto con la scienza. Un primo incontro che ha lasciato sì intravedere uno spirito di collaborazione e la condivisione degli obiettivi, ma che ha rilevato come in realtà tra buona parte viticoltori cosiddetti “naturali” e coloro che si occupano di ricerca scientifica per contrastare i cambiamenti climatici rendendo le viti sempre più resistenti attraverso, in particolare, la cisgenetica, il dialogo sia estremamente complesso e, al momento, impossibile.

Le ragioni? Ognuno ha le sue. Da una parte la convinzione di chi la scienza la studia e la applica, che viticoltura e ricerca siano compatibili senza alcun rischio, dall’altra quella dei viticoltori che, al contrario, credono fortemente nel rapporto arcaico tra uomo e natura e vedono nella scienza un elemento esterno che, se si parla di genetica, non può garantire alcuna sicurezza.

Vale la pena riassumere quanto accaduto e raccontato dall’agenzia di stampa per farsi un’idea di quanto, pur con le stesse finalità, la differenza di pensiero influisca nel modo di vivere una delle più antiche attività umane.

 

Vino bio e scienza: l’Italia è sempre più green e i consumatori apprezzano. Ma inquinamento e cambiamenti climatici richiedono una riflessione

 

vino bio e scienza Merano Wine Festival

 

Innanzututto i dati. E’ stato confermato a “Naturae ET Purae”, il convegno tenutosi al Merano Wine Festival nell’ambito di “Bio&Dynamica” che l’Italia è sempre più green.Nel 2016 (dati Sana), gli ettari vitati hanno toccato i 103.545 ettari. Una crescita del 23,8% rispetto al 2015. In totale, dunque, i vigneti italiani dediti alla coltivazione “naturale” sono il 15,7% del totale. Certo, bisogna fare un distinguo perché di questi, in realtà, 65mila sono quelli già effettivamente certificati, mentre 38mila sono in conversione.

Se guardiamo i dati Nielsen, invece, vedremo come anche nei consumi il bio è sempre più apprezzato dai consumatori. La crescita, rispetto al 2016 è stata infatti del 19,7%, con nella sola Gdo che ha visto salire l’asticella del 51%. Insomma l’attenzione per il territorio, in una parola la sostenibilità, fa sempre più la differenza. In questo momento di grande trasformazione il dibattito sul significato di “naturalità” e ancor di più su come questa debba essere vissuta, è aperto e al riguardo, non molto tempo fa, abbiamo pubblicato un articolo per cercare di comprendere quali sono le filosofie di pensiero che si stanno sviluppando. Non a caso lo abbiamo intitolato “La varietà del mondo del vino è anche nel modo di ripensarlo”.

Sì, lo evinciamo dal corposo articolo di WineNews, trovare un accordo è davvero difficile tra scienza e buona parte dei viticoltori, ma già il fatto che si sia aperto un dialogo è un passo importante per confrontarsi e proiettarsi in un futuro che, visti i cambiamenti climatici (e la drammaticità dal punto di vista quantitativo della vendemmia 2017 in gran parte del continente europeo lo dimostra), ha bisogno di “resistenza”: quella delle viti. Lo ha sottolineato, nel corso dell’incontro, il patron della manifestazione vitivinicola più antica d’Europa, Helmuth Kocher: “i sistemi di coltivazione che limitano l’uso di prodotti di sintesi diventeranno la norma. E’ necessario avviare un dialogo tra le diverse anime del mondo dei nuovi vini, la stampa e la scienza”.

 

Vino bio e scienza: i vignaioli naturali credono nella ricerca, ma non in quella genetica. Dall’altra parte chi crede che, al contrario, la naturalità possa essere rispettata anche in un laboratorio

 

laboratorio

 

Pensare al mondo del vino evoca immagini che si perdono nella notte dei tempi. Dalla storia al mito è un universo che coloriamo della delicatezza della poesia, della potenza di gesti che coniugano sapienza e delicatezza. Quello del vino, in sintesi, è un mondo strettamente legato ad una visione arcaica del rapporto tra uomo e natura. Una visione carica di fascino che non ha nulla a che fare con l’idea di “vecchio”. Innovare, nel vino, non vuol dire infatti stravolgerne le regole, ma saper introdurre il nuovo nel rispetto dell’esistente.

Su questo, in fondo, sono tutti d’accordo. Sul modo in cui questo debba però seguire i cambiamenti inevitabili dei cicli stagionali e delle esigenze di mercato, resta il nodo difficile da sciogliere. Partiamo da coloro che credono fortemente nella vocazione biologica della viticoltura. La certificazione, è stato sottolineato dall’enologo Luca D’Attoma, è fondamentale per poter affermare di produrre un vino realmente biologico. La qualità, da un punto di vista produttivo, è data da questo. Altro discorso, ovviamente, è la qualità nel senso di gusto e capacità di produrlo il vino. Non per forza un vino bio è buono, così come non per forza lo è un vino tradizionale. Ma questo è un discorso che poco ha a che fare con il tema trattato.

 

La posizione di VinNatur e dei vignaioli naturali

Partiamo dal punto di vista dei cosiddetti “vignaioli naturali”, con riferimento, in particolare, ai 180 produttori che fanno parte della bella realtà creata da Angiolino Maule: VinNatur. Loro sono quelli che, nella scienza, o meglio nella genetica, non credono. O che comunque la guardano con diffidenza e che per la filosofia che seguono, non si sentono in alcun modo capaci di accettare ciò che propone la ricerca scientifica nell’ambito della cisgenetica.

La ricerca, sostengono, è fondamentale sì, ma non è nella genetica, ritengono, la soluzione ai problemi che la viticoltura ha bisogno vengano affrontati e risolti. La ricerca va fatta su ciò che la natura dispone. E’ da qui che si possono trarre gli insegnamenti per rendere le viti più resistenti. La natura sa, insomma. L’uomo deve studiare, comprendere e trarne ispirazione per applicare i suoi principi a se stessa. Una convinzione che è ben esposta nel disciplinare e che si ritrova nella severità dei controlli. Controlli che, tra l’altro, hanno dato ottimi risultati.

 

La posizione del professor Attilio Scienza e la sua difesa della cisgenetica

I laboratori, al contrario, sono luoghi dove studiare e creare nuove realtà, ma sempre nel rispetto del territorio e della natura. Questa, invece, la posizione, in sintesi, del professor Attilio Scienza, uno dei massimi esponenti della cisgenetica a livello internazionale che collabora ormai da anni con alcune delle aziende vitivinicole più importanti del Paese e che, a Merano, ha cercato di chiarire la sua posizione e le ragioni del suo pensiero.

“L’ostacolo prinipale alla diffusione dei vitigni resistenti – ha detto – è di natura culturale. Non ci sono controindicazioni di natura salutistica o qualitativa. Le stesse varietà attuali sono il risultato di incroci spontanei che l’uomo ha selezionato in funzione degli ambienti di coltivazione e della sua cultrua. I primi destinarari di questi vitigni dovrebbero esser ei viticoltori bio e biodinamici, ce invece rifiutano l’innovazione genetica e tecnologica di genere. Il pubblico – ha aggiunto – è ignorante di questioni scientifiche e genetiche in particolare. La responsablità è del deficit di informazione e formazione che facilitano la diffusione di bufale”. Non si può però fare di tutti degli scienziati. Ecco perché, ha sostenuto, compito della comunicazione scientifica è quello di “esorcizzare la paura”.

E’ questo, dunque, il punto di scontro. E’ vero, come ha sostenuto Scienza, che anche i vitigni attuali sono frutto di innesti, ma è pur vero che quegli innesti, fatti dall’uomo, non sono stati prodotti in laboratorio. Ed è questo che, probabilmente, crea diffidenza e bisogno di conoscenza per capire se davvero la strada da percorrere sia questa. Hayo Loaker, figlio di Rainer e alla guida dell’omonima azienda, ha infatti obiettato: “l’idea, per esempio, di un Sangiovese uguale a se stesso ma resistente mi piace. I dubbi riguardano le modalità con cui queste varietà resistenti da cisgenetica si possono ottenere e i rischi che correremo di cui non sappiamo nulla.

 

Chi ha ragione? Impossibile a dirsi. Dialogare è il primo passo verso un confronto che faccia del “dubbio” la chiave della conoscenza

Possibile trovare un punto d’incontro? Ad oggi sembra davvero improbabile. La parola “dubbio”, però, è quella che, da sempre, fa muovere l’umanità verso il progresso. Quale sia la strada migliore non sta a noi dirlo. Probabilmente ognuno proseguirà per la propria fino a quando non si arriverà ad un punto in cui un’idea prevarrà sull’altra perché le sue ragioni si dimostreranno migliori. Quel che non deve accadere, e che ci sembra non sia accaduto, è che le posizioni non assumano “talebane”, come ha ben sottolineato Giorgio Grai, veterano dell’enologia italiana. E’ stato forse lui, da quel che ci è sembrato di capire, l’ago della bilancia.

“La situazione in cui versa il pianeta è tragica – ha detto come leggiamo su WineNews -. Cambiamenti climatici, inquinamento delle città, mari e oceani con isole di plastica e terreni che ormai sono afittici e morti per il tipo di conduzione. Dobbiamo provare a migliorare le cose. Ci sono stati pionieri che hanno cominciato tempo fa. Molti sono oggi quelli che tentano di porre rimedio a questo modo sconsiderato di coltivare, ma che non diventino talebani”. Quale che sarà il proseguo di questo importante e interessante dibattito facciamo nostre le sue parole: “la natura è provvida, l’uomo sconsiderato”.

 

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