Chianti e Terre del Prosecco chiedono il riconoscimento. La Franciacorta ci pensa. Le Langhe, già nell'Unesco, incrementano del 300% le visite in vigna e cantina

Enoturismo e Vino. L’unione fa la forza è vero. O almeno così si dice. Ma per il vino se all’unione si aggiunge l’Unesco allora il successo è assicurato. In meno di 24 ore Chianti e Terre del Prosecco Superiore hanno avanzato la loro richiesta: diventare Patrimonio dell’Umanità. Ma cosa spinge un territorio a puntare su una scelta che porta con sé non poche difficoltà nel trovare il giusto equilibrio tra tutela e valorizzazione? I vantaggi, in realtà, sono moltissimi. Soprattutto se parliamo di enoturismo e conservazione del territorio. Le ragioni per voler entrare tra i siti riconosciuti sono diverse e tutte decisamente valide.

 

Enoturismo e Vino: far parte dell’Unesco vuol dire avere grande visibilità.

enoturismo e vino - sede unesco

C’è certamente la volontà culturale nel decidere di affrontare un iter così complesso come quello che porta al riconoscimento del sito da parte dell’Unesco. Ma ancor prima c’è un valore economico. Non nel senso venale del termine. Piuttosto in quello di opportunità di crescita. E la crescita, si sa, va di pari passo alla scoperta, la conoscenza e, di conseguenza il turismo. Far parte dell’Unesco vuol dire appiccicarsi addosso una sorta di “marchio di garanzia” che porta benefici a tutto il territorio.

Per dimostrarne la validità qualche anno fa lo Iulm di Milano ha condotto uno studio per capire se davvero le persone hanno consapevolezza di cosa sia l’Unesco. E il risultato è stato stupefacente. Il 98% degli intervistati ha dichiarato di conoscere l’Unesco e ben il 77% è stato in grado di esplicarne le attività. Al 66% di loro la parola Unesco infonde fiducia ed  efficienza (65%). Per il 70% fa il paio con eccellenza.

Il 60% del campione intervistato ha poi dichiarato di essere convinto che il marchio Unesco dia un valore aggiunto alle attività promosse dall’Unesco stessa conferendo prestigio e reputazione. Per il 75% è la chiave migliore per promuovere iniziative culturali. 

 

Enototurismo e Vino: far parte dell’Unesco vuol dire anche grande responsabilità.

enoturismo e vino - unesco - tutela territorio

Non è mica tutto così semplice però. Già solo per ottenere il riconoscimento l’iter è complesso. Ottenerlo, poi, non vuol dire essere giunti al traguardo. Vuol dire proprio il contrario. Intraprendere di lì in poi un percorso virtuoso. Eh sì perché dalla lista si può essere anche depennati. Se il “marchio” Unesco da visibilità perché questa si traduca in risultati concreti c’è bisogno di impegnarsi nella promozione di eventi. Soprattutto c’è bisogno che l’intero territorio a firma Unesco lo faccia in piena armonia.

I valori che vengono riconosciuti al territorio o il sito che si guadagna un posto nella lista, infatti, devono rimanere invariati nel tempo. Ed è questo lo scoglio più difficile. Riuscire a far viaggiare di pari passo le attività di promozione con quelle di tutela del territorio. Di contro il grande vantaggio di veder riconosciute e in un certo senso blindate, tradizioni, identità e cultura del luogo. Insomma oasi di pace esenti dall’obbligo della globalizzazione.

 

Enoturismo e Vino: far parte dell’Unesco fa bene all’enoturismo.

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Ed ecco il nodo della questione. E le prove ci sono. Attualmente l’Italia, in ambito agricolo, ha solo un territorio riconosciuto come patrimonio Unesco. Un territorio, tra l’altro vitivinicolo. Stiamo parlando delle Langhe-Roero e Monferrato. Del Piemonte insomma. Ci sono voluti dieci anni e una bocciatura per ottenere il prestigioso riconoscimento, ma alla fine il 50esimo sito italiano ha avuto il suo “marchio”. Il risultato? Le presenze enoturistiche ad Alba, e non solo, sono aumentate del 300% in soli due anni. Dato, questo, fornito da Pier Luigi Petrillo, consigliere del ministero delle Politiche Agricole per L’Unesco. 

Stessa sorte è toccata alla Sicilia sebbene con numeri più ridotto. Nell’Unesco, infatti, non c’è tutto il territorio, ma soltanto lo Zibibbo. Ma piccolo o grande che sia il marchio, se sopra c’è scritto Unesco il ritorno d’immagine sembra proprio garantito. 

 

Enoturismo e Vino: 300 anni di storia e un iter ancora molto lungo. Ma il Chianti vuole il suo marchio Unesco.

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Saranno stati i festeggiamenti dei 300 anni o semplicemente la volontà di far sì che il Gallo Nero non muti mai. Quel che è certo è che il Chianti, che a livello enoturistico è già, con tutta la Toscana, la meta preferita dei winelovers di tutto il mondo, ha deciso di giocarsi la sua carta. Docg ante litteram, punta ora al riconoscimento di una storia centenaria che, però, dovrà avere la pazienza di attenere le lungaggini di un percorso come questo. Lungaggini che, e su questo possiamo essere rassicuranti, non chiederanno altro che attendere qualche anno in più. “Credo sia un atto doversoso – ha detto il ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina. Prendersi questo impegno è una scommessa sul futuro che dobbiamo vincere”.  

E funzionale potrebbe essere, in quest’ottica, l’accordo che presto potrebbe essere stretto con lo Champagne riconosciuto già dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Un accorso che si svilupperà verso due obiettivi: dalle politiche di governance alla tutela dei due territori e dei loro marchio. Così ha detto il presidente del Gallo Nero Sergio Zingarelli sottolineando l’importanza degli “scambi culturali e delle esperienze. Probabilmente faremo insieme delle campagne di comunicazione per affiancare due eccellenze della produzione vinicola nel mondo”. 

Si comincia da ora  con la speranza che il Gallo canti bene ancora una volta così come, in questi 300 anni, ci ha abituati.

 

Enoturismo e Vino: per le Terre del Prosecco la candidatura si decide il 20 gennaio 2017.

enoturismo e vino - unesco - prosecco

Il lavoro è iniziato tra il 2007-2008. Pochi giorni fa è stato sottoscritto il protocollo d’intesa per la candidatura delle Terre del Prosecco alla lista Unesco. Regione, Provincia, Camera di Commercio di Treviso, Consorzio di tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore e 28 sindaci del territorio si sono messi insieme per far sì che questa terra, il cui prodotto d’eccellenza vive un momento d’oro, si guadagni quanto meritato. 

Sarò ora compito della commissione italiana, il 20 gennaio 2017, accettare la sua candidatura. A quel punto si dovrà aspettare un anno per saperne l’esito che, se positivo, potrebbe concretizzarsi nell’ambito riconoscimento. Il prossimo step sarà infatti quello dell’ingresso nella “tentative list”. Una specie di lista d’attesa che, da sola, richiede almeno due anni di lavoro per passare all’iscrizione vera e propria. Poi lo stop di un anno. Sarà compito dell’Unesco valutare se tutto il territorio merita il suo marchio e se il perimetro scelto abbia tutti i requisiti per cheidere la tutela. A questo proposito è necessario presentare una pianificazione paesaggistica in grado di tutelare tutto il territorio interessato dalla richiesta tenendo presente che il paesaggio non deve includere alcuna infrastruttura impattante. Niente autostrade e ferrovie ad alta velocità per intenderci.

 

Enoturismo e Vino: anche la Franciacorta inizia a farci un pensierino.

enoturismo e vino - unesco - franciacorta

Troppo presto per dirlo. Ma se tanto mi dà tanto non è da escludere che anche la Franciacorta decida di entrare nella “tentative list” per accedere al riconoscimento Unesco. D’altra parte se è vero che l’Italia ha  il record in quanto a siti riconosciuti dall’Unesco è altrettanto vero che quello delle Langhe è stato il primo rurale e che, in Francia, sono già tre i territori vitivinicoli riconosciuti: Champagne, Saint-Emilion e Borgogna. Vogliamo essere da meno?

 

Crediti fotografici dalla terza foto in alto scendendo verso il basso: Francesca Cappa – Flickr CC, Magali M – Flickr CC, Guillaumeo – Flickr CC, Ivan 63 – Flickr CC

Copertina Doug Jones – Flickr CC