355 milioni le bottiglie esportate. Il Prosecco traina il mercato, l'Asti fa bene e per la Franciacorta è exploit. Ma la vita da leader è difficile tra "Prosecco Pronto" e "Pawsecco"! Tutelare la denominazione è un obbligo

Siamo stati primi produttori nel 2016 e ora scopriamo di le bollicine italiane sono le più importate al mondo. Gli spumanti italiani valgono e anche tanto. Lo dicono i dati dell’Osservatorio Economico Vini Effervescenti Italiani: l’Italia è il primo paese per volumi esportati per questa tipologia di vino. Una crescita generale con il Prosecco che si conferma leader. Un primato che continua, però, a creare non pochi problemi alla denominazione alla prese con contraffazioni e utilizzo del nome al limite (se non oltre) la legalità.

 

Bollicine italiane: quelle italiane valgon1o 1 miliardo. Oltre 355 milioni le bottiglie esportate

 

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La metà degli scambi commerciali mondiali del vino spumante sono appannaggio delle bollicine italiane. L’Italia, dice l’Osservatorio Economico Vini, muove infatti il 15,4% dei volumi totali. Totale che, per la tipologia, rappresenta il 30% del totale. Ciò vuol dire che se l’export italiano ha attualmente un valore complessivo di 5,6 miliardi uno di questi è frutto esclusivamente di Prosecco e spumanti che, nel mondo, hanno fatto girare complessivamente nel 2016 355.100.000 bottiglie.

A fare da traino, e non poteva essere altrimenti, il Prosecco con l’Asti che nonostante il momento di difficoltà e le nuove tendenze per rilanciare il suo brand, si piazza, seppur a notevole distanza, al secondo posto.

 

Andamento incredibile, ma c’è un ma…

Il Prosecco Docg/Doc è cresciuto infatti nell’export del 20% con Regno Unito, Stati Uniti e Germania leader nel consumo delle nostre bollicine. Oltre 286 milioni le bottiglie di Prosecco consumate per un fatturato pari a 2,4 miliardi di euro. Segue l’Asti con 47 milioni di bottiglie. La Franciacorta il 2016 dovrà incorniciarlo! Grazie a Giappone e Gran Bretagna le bottiglie consumate sono state 2,2 milioni con il Metodo tradizionale dei nostri spumanti che nei mercati mondiali hanno piazzato 3 milioni di bottiglie.

“Il trend è in crescita per il dodicesimo anno consecutivo”. Lo ha precisato il presidente dell’Osservatorio Giampietro Comolli. “Rispetto al 2015 – ha aggiunto – si è registrato un +13% in volume e un + 7,5% in fatturato. A fronte di un prezzo di spedizione quasi uguale al 2015, cresce enormemente il valore al consumo in quasi tutti i Paesi. La crescita del valore al consumo – ha concluso – è il riscontro tangibile del riconoscimento qualità-identità da parte del consumatore estero per le bollicine italiane”.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Nonostante l’andamento, infatti, ad ottenere i vantaggi minori sono proprio i produttori. “Purtroppo – ha sottolineato Comolli – il maggior guadagno è dei distributori e i venditori esteri. Bisogna reimpostare alcune azioni di vendita per consentire un maggiore ricavo al produttore”.

 

Bollicine italiane: assonanze e imitazioni. I problemi di essere leader

 

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Ne abbiamo parlato più volte. Essere leader implica sì dei vantaggi, ma anche una serie infinita di trappole e pericoli. Dalla contraffazione all’imitazione passando per la semplice, ma altrettanto dannosa, distorsione del nome, quella del Prosecco non è una vita facile. C’è stata la battaglia sul Thè al Prosecco, poi sono arrivati anche i rossetti, ma è sul vino vero e proprio che le battaglie più complesse vengono combattute. 

 

Il ‘Prosecco’ Moldavo richiamato dalla Ue: ma la soluzione dov’è?

Una di queste è quella attualmente in atto con la moldava Bulgari Winery che ha lanciato sul mercato il suo “Prosecco Pronto”. A dirla tutta vittima di questa azienda non è soltanto questa denominazione. l’Italian Sounding su queste pagine per noi è una sinfonia stonata. Ma per chi italiano non è e magari neanche troppo esperto di vini, il perfetto escamotage per attrarre verso un Made in Italy non dichiarato, ovviamente impossibile, ma in qualche modo insinuato.

“Aist Dolce”, Amore Frutti Moscato”, “Lambrusca Rose” e quel vino frizzante prodotto da Glera indicato come “Prosecco Pronto” hanno fatto infuriare i produttori italiani e chi quelle denominazioni è chiamato a tutelarle. Ma la tutela non è riconosciuta a livello Comunitario? Certo che sì. Ma quando si tratta di vendere, il marketing viene prima di una qualunque sanzione. Sanzione che non c’è stata. Per ora dalla Ue è arrivato un richiamo esplicito. Richiamo che, ha fatto sapere l’Ansa, è stato indirizzato direttamente al premier moldavo. Sono le autorità locali infatti che devono prendere “le misure necessarie a garantire la tutela completa” della denominazione. C’è stata anche un’interrogazione al riguardo al Parlamento Europeo. Pavel Flip, premier moldavo rassicura: “troveremo presto una soluzione”. Chissà perché ci sa tanto di politichese! Staremo a vedere. 

 

A volte basta l’assonanza…

Sfogliando The Drink Business qualche giorno fa ci siamo trovati di fronte al Pawsecco! Non è “Prosecco”. E’ però abbastanza ridicolo pensare che il nome dato a questo “vino” che vino non è sia stato scelto per caso. E anche questo, in qualche modo, dimostra quanto questa denominazione faccia tendenza. Nel bene e…nel male! Se vi state chiedendo cos’è il Pawsecco provate a darlo al vostro gatto o al vostro cane e ci farete sapere se è stato o meno gradito con un miao o un bau!

Il Pawsecco, infatti, è stato creato da specialisti di bevande per animali (Woof&Brew). Un vino analcolico non carbonato creato con il consiglio di esperti veterinari e fatto di erbe naturali. C’era bisogno di chiamarlo Pawsecco? Chi lo ha creato ci ha pensato bene. L’assonanza, in questo caso, può oggettivamente essere vincente. Fatto salvo il danno collaterale per il Prosecco vero e proprio. Non solo. E’ in versione bianca e rosè. D’altra parte l’esempio era arrivato dagli States qualche mese fa. In quel caso il vino per cani era il Pinot Meow il MosCATo, bevanda a base di barbabietola! Drammi dell’assonanza!

 

Bollicine italiane: al di là di chi sbeffeggia esiste un solo Prosecco. E mentre aspetta il ‘sì’ Unesco mette su casa a New York

 

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La candidatura procede. Pronto anche il logo con cui il Prosecco si candida a diventare patrimonio Unesco. Un riconoscimento prestigioso che porta notevoli vantaggi, compreso quello di godere di una tutela maggiore. Le Colline di Conegliano Valdobbiadene hanno affidato la realizzazione del logo a Ivan Frigo. E’ stato lui ad aggiudicarsi i 5 mila euro messi in palio tra le 600 proposte arrivate sulla piattaforma online Zoopa.com! “Un logo che oscilla tra due anime: la zona delle alte colline e la parte collinare più dolce”. Se l’Unesco accetterà la candidatura allora ce ne vorrà un altro.

Nel frattempo, mentre l’iter per il riconoscimento procede, il Prosecco espatria. Nell’export lo sappiamo bene. Ma anche fisicamente. Dopo la “Casa del Prosecco” aperta a Xi’An nel marzo 2016, l’apertura di un ufficio ad Amburgo, la denominazione vola a New York. Gli Stati Uniti sono il secondo importatore per le bollicine venete (prima c’è il Regno Unito). La crescita è stata del 20% ogni anno a partire dal 2013. Ecco perché il Consorzio presieduto da Stefano Zanette a deciso di mettere radici qui. “Crediamo che esista ancora un enorme potenziale di crescita“, ha detto. 

Colangelo & Partners, che diventerà il punto di contatto con il mercato americano, spiega gli ingredienti: “promozione e protezione della reputazione e dell’autenticità” delle nostre  bollicine. Un modo chiaro per affermare che non c’è spazio per gli imitatori.